L’assistente alla comunicazione è un operatore socio-educativo con funzione di mediatore e facilitatore della comunicazione, dell’apprendimento, dell’integrazione e della relazione tra lo studente con disabilità sensoriale, la famiglia, la scuola, la classe e i servizi territoriali specialistici.

L’assistente alla comunicazione è una figura professionale prevista dalla legge 104 del 1992 ma che ha preso piede solo successivamente, infatti molti studenti con disabilità sensoriale che hanno frequentato le scuole dell’obbligo negli anni ’90 non hanno beneficiato di tale supporto.

Attualmente la figura dell’assistente alla comunicazione è di competenza regionale e pertanto ogni regione gestisce l’erogazione del servizio in modalità e criteri differenti. In questo articolo ci rifaremo alle indicazioni fornite da Regione Lombardia.

Definire il ruolo dell’assistente alla comunicazione in modo univoco risulta arduo poiché l’età di intervento varia dai tre anni con l’ingresso alla scuola dell’infanzia ai diciannove anni, età indicativa della conclusione della scuola secondaria di secondo grado. Inoltre le disabilità sensoriali, quella visiva e quella uditiva, richiedono competenze e metodi di intervento differenti.

Regione Lombardia declina le mansioni dell’assistente alla comunicazione in caso di disabilità visiva con i seguenti punti:
• condivide e sostiene la metodologia per le attività scolastiche demandate a casa;
• favorisce lo sviluppo dell’autonomia personale nello studio e nella gestione di sé;
• supporta lo studente nel processo di conoscenza dell’ambiente;
• condivide con la famiglia il processo di crescita e autonomia globale dello studente nell’ambito delle attività didattiche;
• si rapporta con il tiflologo, di riferimento per le diverse attività in essere;
• si pone come mediatore attivo nel favorire l’approccio e la conoscenza di informazioni, materiali e documenti, non immediatamente o poco fruibili dalla persona con disabilità visiva;
• prepara materiali, quando necessario, di uso immediato per situazioni di studio contingenti;
• si raccorda con gli enti erogatori scolastici, il tiflologo e la famiglia.

In questi punti ricorre spesso il termine “tiflologo” che prende origine dalla parola “typhlos” che in greco significa cieco. Il tiflologo è la figura specialistica che si occupa delle condizioni di vita delle persone cieche e dei problemi educativi relativi al loro inserimento nella vita sociale e del lavoro. In particolare, questa figura interviene nel contesto scolastico supervisionando il percorso di sviluppo e di acquisizione delle conoscenze e delle competenze, contribuendo così a definire le modalità di insegnamento per favorire l’apprendimento dello studente cieco.

In caso di disabilità uditiva, invece, Regione Lombardia declina le mansioni dell’assistente alla comunicazione in altri termini:
• collabora alla stesura del Piano Educativo Individualizzato (PEI);
• stabilisce un corretto rapporto con le famiglie;
• facilita la comunicazione dello studente con gli insegnanti e i compagni di classe;
• favorisce l’integrazione dello studente all’interno della classe e del contesto scolastico;
• favorisce l’acquisizione da parte dello studente di un metodo di studio quanto più possibile autonomo;
• rende accessibile allo studente l’insieme dei contenuti didattici e le informazioni attraverso la Lingua dei Segni Italiana (LIS), l’ISE (Italiano Segnato Esatto) o la labializzazione;
• media nell’ascolto delle lezioni d’aula per favorire la comprensione del linguaggio verbale e l’accesso ai contenuti didattici;
• collabora con il personale docente e non docente della scuola e partecipa agli incontri organizzati dalla scuola con la famiglia;
• utilizza le strategie più adeguate derivanti dalla conoscenza e della psicologia evolutiva nel campo della sordità e della psicologia dell’età evolutiva per accrescere le competenze comunicative dello studente ed accogliere le sue esperienze emotive e relazionali.

In Regione Lombardia il servizio di assistenza alla comunicazione può essere svolto per un minimo di tre ore settimanali ad un massimo di undici e l’erogazione può avvenire in ambiente scolastico e/o al domicilio dell’alunno in base agli obiettivi dell’intervento. Inoltre, durante l’emergenza sanitaria COVID-19 si è reso necessario erogare il servizio anche come Didattica a Distanza (DaD).

Articolo di Samantha Bruno, psicologa dell’area servizi educativi e disabilità.